Commemorazione Giorno della Memoria.

Il discorso del Presidente

26 gennaio 2014

prof. Giacomo Ferrari
prof. Giacomo Ferrari

Signore e Signori,

        voglio prima di tutto ringraziare tutti i presenti di essere qui stasera a condividere questa importante ricorrenza; sono emozionato che mi sia concessa ancora una volta la fiducia di pronunciare queste parole di introduzione alla celebrazione del Giorno della Memoria.

Non voglio soffermarmi troppo sugli eventi che noi ricordiamo oggi. Ricordiamo quel momento, oscurissimo momento, della storia umana in cui uno dei sentimenti peggiori, il razzismo, nella sua istanza più diffusa, l'antisemitismo (o meglio anti-ebraismo), è stato trasformato in un efficiente programma di stato di annientamento, condotto con tutta la freddezza e la precisione di uno stato moderno.

L'anti-ebraismo ha una lunga storia, che va dall'antichità fino ai giorni nostri, dalla cattività babilonese, alla diaspora, da episodi come quello di San Simonino ai progrom della Russia ottocentesca e novecentesca, D'altra parte, nell'antichità la sopraffazione tra popoli e l'annientamento del nemico era una regola non scritta, un regola d'onore (quando un conquistatore sconfiggeva un popolo, era regola sterminarlo), Ma in genere ci si è appellati a regole generali, oppure ci si è affidati al sacrosanto "voltare la testa", ad esempio lasciare che il progrom abbia luogo fingendo di intervenire, ma stando semplicemente a guardare. Il razzismo è connaturato con l'uomo, purtroppo, e in tempi moderni abbiamo molti casi storici, come lo sterminio degli armeni, la guerra ai curdi, le diverse contrapposizioni che hanno luogo in Africa, lo sterminio sistematico degli indios in Brasile ecc., ma mai era successo che uno stato, anzi due stati, Germania e Italia, cosiddetti moderni si dotassero di leggi, strutture logistiche e materiali per annientare un popolo che, in fondo, contribuiva alla storia di quegli stati stessi, mai il razzismo, l'anti-ebraismo era divenuto un programma statale di annientamento (Vernichtung).

E poi c'è il modo con cui questo programma è stato portato avanti, un modo che non solo si è fondato sull'eliminazione fisica, ma soprattutto sull'annientamento della dignità di quel popolo. Certo annientare la dignità di un uomo significa annientare anche la propria dignità, ma il sotterfugio necessario a dare sostanza alla persecuzione consisteva nel definire gli ebrei "Untermenschen", sotto-uomini di modo che diveniva perfino giusto il programma di persecuzioni.

E questo annientamento della dignità umana ha generato ogni sorta di orrore, ampiamente documentato da fotografie, da memorie, da studi e da documenti, tutto materiale che colpisce la nostra emotività, ci emoziona e ci fa orrore. Ma dovremmo dare a questa celebrazione anche un valore che vada oltre l'emozione del momento, ma serva a noi stessi affinché questi fatti non si ripetano.

Quello che non vorrei è che l'emozione e l'orrore che proviamo di fronte alla mostra di questa documentazione, finite le celebrazioni vengano archiviati nel ricordo e noi veniamo riassorbiti dai nostri problemi giornalieri e dimentichiamo.

Se qualcuno, come capita a me, riceve per mail molte pubblicità di libri, avrà notato che in questi ultimi anni, nei giorni vicini al GdM ci vengono offerti libri sullo specifico argomento. La televisione ci trasmette film "di circostanza" e in questo modo, Il GdM rischia di divenire un intermezzo di "buona coscienza" tra due feste consumistiche, la Befana e il Carnevale (o San Valentino), una circostanza che rischia di svuotarsi di contenuti e di divenire un'altra occasione di consumismo.

L'emotività ha anche le sue trappole che rischiano di fuorviarci dalla reale sostanza degli avvenimenti storici per consegnarci a sterili bagarre alla ricerca dei "buoni" e dei "cattivi", di chi ci dice la verità e di chi ci inganna..

Così, ieri ci siamo chiesti se Palatucci fosse realmente un "giusto tra le nazioni" o se, come un affrettato scoop ha messo in evidenza, fosse in realtà un collaborazionista che faceva il doppio gioco. Oggi il film di Lanzmann apre il dibattito sulla figura e sul ruolo di Benjamin Murmelstein.

E' così importante sapere se i buoni erano buoni fino in fondo o no e se i cattivi siano stati cattivi davvero. Non credo che la cosa cambi la gravità e l'orrore dei fatti. Possiamo tentare di cambiare le etichette a qualche pedina, ma il gioco resta lo stesso.

Oggi poi dobbiamo fare i conti con fatti più seri, con il negazionismo. Qualcuno parla di metterlo fuori legge, tuttavia credo che tutti abbiano il diritto di esprimere opinioni più o meno documentate o più o meno immotivate. Si può sostenere che i campi di sterminio fossero in realtà campi di rieducazione o, addirittura, campi di vacanze, ma l'esistenza dei morti, la sperimentazione "in vivo" fatta sugli ebrei (ricordiamo che la chirurgia plastica nasce così), la confisca dei loro beni sono fatti documentati che non possono essere contraddetti. Gli orrori documentati dalle fotografie non sono, come vogliono i negazionisti, documenti di situazioni marginali, ma ciò che resta di un processo di sterminio regolamentato e disciplinato da leggi, regolamenti, circolari ecc. Negare o marginalizzare l'orrore della shoah non può farci cambiare il giudizio storico, se tale giudizio è guidato dall'analisi razionale dei fatti e dei documenti. Resta un fatto reale, che uno stato, anzi due stati, hanno perseguitato in maniera estrema un popolo, emanando leggi e costruendo strutture a questo specifico scopo.

Mettere fuori legge il negazionismo significa mettere fuori legge la libertà di opinione: ognuno di noi ha diritto a coltivare opinioni sbagliate e stupide, ma non ha il diritto di farne una guida per il suo comportamento. Negare la validità della documentazione relativa alla shoah non cambia la realtà della documentazione presa nel suo insieme, non è una posizione che possa avere delle conseguenze politiche, a meno che non se ne faccia un uso distorto. Ma probabilmente l'obiettivo del negazionismo è colpire il nostro lato emotivo screditando gli ebrei, mostrandoceli come dei mentitori che si sono inventati uno sterminio che non ha avuto luogo e per quale motivo? Per motivare l'esistenza dello stato d'Israele? uno stato che in realtà si stava formando già da prima? oppure semplicemente per riscuotere una simpatia immotivata? Si vuole dimostrare solo che gli ebrei si sono inventati delle torture che in realtà non c'erano; dovremmo per questo sostenere che gli ebrei si stanno prendendo gioco di noi e per questo dobbiamo punirli? Come la leggenda dei Savi di Sion vuole dimostrare che gli ebrei congiurano contro il mondo, o la vicenda di San Simonino voleva accusare gli ebrei di assassinio rituale (mangiavano la carne dei bambini… come i comunisti). Dunque meritavano la shoah? Il negazionismo e le altre costruzioni pseudo-storiche mirano a colpire il nostro lato emotivo e farci dire "certo, qualunque cosa sia successo se lo sono meritato" o, peggio, "qualunque cosa succeda o succederà se lo saranno meritato".

Se veramente vogliamo che il GdM non sia soltanto un mettersi in pace con la nostra coscienza una volta all'anno, dobbiamo uscire da questa sfera emotiva ed attenersi al rigore del giudizio storico complessivo ed affidarci ad un sano senso morale fondato sulla valutazione razionale sui fatti. Sul piano scientifico la storia ha emesso i suoi giudizi e le sue ricostruzioni (sappiamo che la superiorità ariana ha radici ben più profonde ed antiche del nazismo, la grande razza nordica, che le SS hanno cercato anche in Tibet e in Crimea, in realtà si fraziona in diversi gruppi etnici e culturali ecc.), al di là di ogni interpretazione emotiva dei fatti. E' una tendenza del mondo attuale giudicare le opinioni, i fatti e le idee sulla base del giudizio sulle persone: così si sta facendo in politica, così si è fatto con la Resistenza, così avviene con la shoah.

E lo stesso rigore vale per l'aspetto etico e morale. Occorre che il Giorno della Memoria ci serva per affermare con forza il rifiuto del razzismo, occorre comprendere che il razzismo è una reazione connaturata con l'uomo, ma deve essere rimosso con l'esercizio della ragione e del senso morale di ognuno di noi. E proprio perché è una reazione connaturata, occorre compiere su noi stessi, individualmente, un'opera di "decantazione", essere attenti ad ogni reazione nostra, ad ogni misura pubblica e riconoscere con sicurezza i segni del razzismo e dell'anti-ebraismo. E' giusto che il rabbino Di Segni abbia usato toni molto pacati parlando dei fatti di ieri a Roma, ma da parte nostra occorre vegliare contro quei fatti e contro lo spirito che li anima. L'espressione del razzismo e dell'anti-ebraismo può essere dettata da ideale politico, da tifo calcistico, dall'ebbrezza di appartenere ad un gruppo che si crede in lotta con il conformismo o da puro senso estetico, ma deve essere respinto e sradicato anche nei dettagli del nostro comportamento. E ricordiamoci che gli orrori che conosciamo dai documenti hanno potuto essere perpetrati anche perché per ogni responsabile diretto c'è stato uno che ha girato lo sguardo da un'altra parte.

 

 

Vercelli, 26 gen. 2014    Salone Dugentesco

Ben Gurion - Herzl
Ben Gurion - Herzl

Se lo volete, non è una favola!   (T. Herzl 1860-1904)

 

 

 

 

 

 

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PAGINE di STORIA  EBRAICA

       

 di W. Murmelstein

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